Politica
Lega, arrivano le prime bordate a Salvini, ma lui fa finta di niente e tira dritto

Dopo la batosta elettorale della Lega, si manifestano i primi malumori interni al partito ed arrivano le prime critiche a Salvini. Da Re: «Questa disfatta ha un nome e un cognome». Zaia: «Non bastano le giustificazioni».
La battaglia è persa e le truppe insorgono contro il loro generale. La disfatta in casa Lega, seppur minimizzata dal suo capitano, fa tremare il Nord. E considerando che pare tramontata ogni ipotesi di Lega nazionale, non tira una bella aria tra gli eredi di Alberto da Giussano, che ora puntano il dito contro chi li ha guidati fuori strada, Matteo Salvini, che ha ricevuto le pesanti critiche dall’interno. Il 17% dei consensi è solo uno sbiadito ricordo ed ora torna ad aleggiare lo spettro del 4%, il minimo storico del Carroccio, dopo gli scandali che travolsero la famiglia Bossi.
Il primo a chiedere la defenestrazione del leader, è una seconda linea. Gianantonio Da Re, europarlamentare trevigiano: «Questa disfatta ha un nome e cognome, Matteo Salvini. Dal Papeete in poi ha sbagliato tutto, ha nominato nelle segreterie delle persone che hanno solo ed esclusivamente salvaguardato il proprio sedere. Quindi si dimetta, passi la mano a Massimiliano Fedriga e fissi in anticipo i congressi per la ricostruzione del partito».
Poco dopo però la bordata arriva da uno dei big, il doge Luca Zaia: «Il voto degli elettori va rispettato, perché, come diceva Rousseau nel suo contratto sociale, ‘il popolo ti delega a rappresentarlo, quando non lo rappresenti più ti toglie la delega’. E’ innegabile come il risultato ottenuto dalla Lega sia assolutamente deludente, e non ci possiamo omologare a questo trovando semplici giustificazioni». Il nome di Salvini non lo fa, ma il riferimento è evidente.
Matteo Salvini, minimizza e cerca di andare avanti per la sua strada, come quel pilota che mentre l’aereo precipitava diceva che si trattava solo di turbolenze. «Non sono mai stato così determinato», «abbiamo incredibili margini di recupero», «il mio mandato è in mano ai militanti non a ex parlamentari o a due consiglieri regionali» ha detto in sala stampa. E così il 9% ottenuto alle elezioni non è una disfatta, ma un risultato che non soddisfa, ma dal quale si può ripartire. Il capitano non vuol nemmeno sentire parlare di dimissioni e distoglie l’attenzione verso altre tematiche: i vantaggi di stare all’opposizione, la stabilità del governo per i prossimi 5 anni, il ruolo da protagonista che avrà la Lega in questa legislatura, lo scotto pagato per aver votato la fiducia al governo Draghi (tradotto è colpa di Zaia, Fedriga e Giorgetti).
Ma Salvini va avanti e indica anche la strada della rifondazione leghista: ripartire dal territorio, ma anche dal Parlamento. «Entro la fine dell’anno faremo i congressi in tutte le 1400 sedi sparse nei comuni di tutto il Paese. Poi quelli provinciali e regionali. La Lega è l’ultimo partito ad avere sedi nel territorio e ripartiremo dai nostri militanti e dai nostri sindaci e amministratori. Dove la Lega governa non ce n’è per nessuno». Per quanto riguarda invece la forza parlamentare, Salvini inizia a fare i conti: «Puntiamo ad avere 100 parlamentari eletti». Abbastanza per puntellare una maggioranza. O, qualora se ne presentasse la necessità, per far cascare un governo.
Politica
Il monito di Mattarella a Fontana e La Russa sugli emendamenti: eccesivi e fuorvianti

Sergio Mattarella non apprezza particolarmente il trend imboccato da questa Legislatura, in cui durante il percorso di conversione di un decreto in legge, vengono inseriti troppi emendamenti, che in certi casi sono fuorvianti, in altri stravolgono il testo originariamente finito sui banchi delle Camere. Il presidente della Repubblica non ha poteri in merito, ma i presidenti di Camera e Senato sì e questo avrebbe ricordato loro Mattarella in un colloquio, secondo indiscrezioni di stampa.
Ieri il presidente della Camera Lorenzo Fontana e quello del Senato Ignazio La Russa, sono stati ricevuti al Quirinale dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Si trattava di un incontro per certi versi di routine, al termine del quale non è stata diramata nessuna nota. Ma secondo La Stampa, durante il colloquio Mattarella avrebbe lanciato un monito a Fontana e La Russa: vigilate maggiormente sugli emendamenti proposti ai disegni di legge.
La lamentela del Capo dello Stato è che durante l’iter di conversione di un decreto legge, vengono inseriti sempre più spesso emendamenti che modificano la natura stessa della proposta di legge, inserendo un numero di modifiche eccessive, che stravolgono di fatto il testo presentato in origine. Altri emendamenti invece, totalmente fuorvianti e relativi ad altre questioni, sono stati inseriti durante discussioni non pertinenti, approfittando della proposta in esame in quel momento.
Sempre secondo le indiscrezioni riportate dai media, Lorenzo Fontana e Ignazio La Russa avrebbero convenuto col monito del presidente Sergio Mattarella e si sarebbero impegnati a vigilare con maggiore attenzione sugli emendamenti proposti alle Camere.
Politica
L’impegno di La Russa per «ottenere le migliori condizioni» per l’Inter Club Parlamento alla finale di Istanbul

Una lettera inviata ai soci dell’Inter Club Parlamento finita sul web, specifica che il presidente del Senato Ignazio La Russa si è impegnato a fondo per permettere ai membri del club di assistere alla finale di Champions League.
In vista della finale di Champions League tra Inter e Manchester City in programma il 10 giugno ad Istanbul, tanti tifosi nerazzurri si sono messi all’opera per trovare i biglietti. In pochi hanno avuto fortuna. Tra loro, un gruppo di tifosi più di altri ha attirato l’interesse di media e social media: l’Inter Club Parlamento. In una lettera ai soci, finita sul web, Alessandro Colucci di Noi Moderati scrive: «in queste ultime ore il presidente Ignazio La Russa ha lavorato intensamente per ottenere le migliori condizioni» relative alla finale di Champions.
Grazie all’impegno del presidente del Senato, noto interista, i parlamentari neroazzurri potranno vedere la partita con “appena” 1.200 euro, circa. Il pacchetto comprende viaggio e pernottamento. Il documento specifica che gli spalti dai quali assisteranno alla partita sono ubicati in «posizioni discrete». Insomma, non ci si può certo lamentare delle doti organizzative della seconda carica dello Stato.
Ovviamente le polemiche non si sono fatte attendere a lungo. tra chi giudica inappropriato che il presidente del Senato si occupi di queste questioni e chi parla di favoritismi ai parlamentari, che hanno ottenuto biglietti considerati introvabili, la notizia ha fatto storcere il naso a molte persone, non solo tifose.
Nei giorni scorsi i supporter nerazzurri hanno preso posizione sulla difficoltà a reperire i tagliandi per l’ingresso alla finalissima, chiedendo al club nerazzurro di renderne disponibili di nuovi. Ma sul punto è ancora Colucci che puntualizza a Repubblica: «Vogliamo contare quanti iscritti vorrebbero partire. Per quanto riguarda i biglietti non abbiamo certezza che tutti li avranno, né abbiamo trattamenti di favore rispetto ad altri Inter club». Ma se tutti gli onorevoli e senatori nerazzurri iscritti all’Inter Club Parlamento riusciranno a vedere la finale di Champions League, è solo merito di La Russa.
Cronaca
Lucia Annunziata si è dimessa dalla Rai: «atto di serietà, non ci sono le condizioni»

Lucia Annunziata si è dimessa dalla Rai, di cui, oltre che conduttrice e giornalista di punta, è stata anche presidente. La decisione arriva in seguito alle nomine in azienda. «Non condivido nulla dell’operato dell’attuale governo, né sui contenuti, né sui metodi».
Dopo quella di Fabio Fazio, una nuova importante defezione si registra in viale Mazzini: Lucia Annunziata, conduttrice di Mezz’ora in più su Rai3 si è dimessa dalla Rai. Un piccolo terremoto, ma che negli ambienti del cavallo non ha rappresentato uno shock. La notizia infatti era nell’aria da tempo, ma la decisione è stata comunicata oggi. E non passa inosservato che poche ore prima sono state completate le nomine dei nuovi direttori delle testate (Gian Marco Chioccial Tg1, Antonio Preziosi al Tg2 e Mario Orfeo confermato al Tg3).
La motivazione non è un mistero e l’ha resa nota la stessa giornalista con una missiva inviata ai vertici Rai: «Arrivo a questa scelta senza nessuna lamentela personale: giudicherete voi, ora che ne avete la responsabilità, il lavoro che ho fatto in questi anni. Vi arrivo perché non condivido nulla dell’operato dell’attuale governo, né sui contenuti, né sui metodi. In particolare non condivido le modalità dell’intervento sulla Rai. Riconoscere questa distanza è da parte mia un atto di serietà nei confronti dell’azienda che vi apprestare a governare. Non ci sono le condizioni per una collaborazione dunque».
La decisione dell’Annunziata, che secondo alcune ricostruzioni a lei attribuite arriva per anticipare un sicuro prossimo siluramento («C’è una cosa che io ho sempre fatto con orgoglio nelle situazioni difficili: saper scegliere di andarmene con le mie gambe» avrebbe detto ad un confidente), non è priva di ripercussioni sul paino politico.
Annunziata, giunta in Rai dopo un lungo periodo all’estero in qualità di inviata per alcune delle principali testate del Paese, non è stata solo una delle giornalista di punta dell’azienda, sapendosi ritagliarsi sempre più spazio e consensi di pubblico con le sue trasmissioni e diventando anche direttrice di Rai3 dal 1996 al 1998 , ma ne è stata anche presidente, dal 2003 al 2004.Il suo programma Mezz’ora, lanciato nel 2005, è cresciuto sempre di più negli anni, arrivando a sforare il minutaggio originale. Recentemente è stato celebre uno scontro tra la conduttrice e le ministra Roccella in tema riconoscimento di figli di coppie omogenitoriali.
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