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L’informativa di Draghi al Senato: «Italia è per cessate il fuoco, ma è grazie alle armi che Kiev ha potuto resistere»

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Mario Draghi in Parlamento

Mario Draghi si presenta in Senato per fare il punto della situazione sulla guerra in corso e difende l’invio di armi in Ucraina. Trattative di pace, emergenza umanitaria, crisi alimentare ed emergenza energetica i punti toccati dal premier.

«Se oggi è possibile discutere di pace e di dialogo è perché l’Ucraina ha potuto difendersi» puntualizza a Palazzo Madama il Presidente del Consiglio. Mario Draghi si è presentato al Senato per un’informativa sulla guerra in Ucraina e i punti trattati non riguardano solo la crisi internazionale in atto, ma anche le polemiche tra le forze politiche, a partire dall’invio di armi. «Il governo ha sempre riferito sulle forniture militari al Copasir, agendo in linea con le indicazioni date dal Parlamento. Ringrazio la maggioranza e la principale forza di opposizione per il sostegno dato in questa crisi, il governo intende continuare a muoversi nel solco della risoluzione approvata e a tenere alta la pressione sulla Russia, anche attraverso sanzioni».

In merito alle trattative di pace, il premier ribadisce la posizione che ha illustrato già al Presidente degli Stati Uniti Joe Biden: «E’ importante mantenere un canale di dialogo aperto con la Russia, ma dovrà essere l’Ucraina a stabilire che tipo di pace voglia». Per quanto riguarda lo stato attuale del conflitto, Draghi snocciola numeri che atterriscono: «Sono stati individuati 9 mila corpi a Mariupol e sono state rintracciate fosse comuni nei dintorni di Kiev. Il numero di sfollati interni è arrivato a 7,7 milioni di persone, circa 6 milioni, soprattutto donne e minori, hanno lasciato l’Ucraina per andare in paesi vicini, quasi un cittadino su 3 ha lasciato la propria casa». Un sacrificio di vite umane altissimo, ma che la momento ha permesso a Kiev di non cadere: «La guerra è giunta al suo 85esimo giorno, ma la speranza da parte dell’Esercito russo di conquistare il paese si è scontrata con la convinta resistenza da parte dell’Ucraina. L’avanzata russa procede molto più lentamente del previsto, le forze ucraine hanno ripreso il controllo di Kharkiv e riescono ad evitare l’occupazione di Donetsk».

Per quanto riguarda le conseguenze del conflitto invece, il premier si concentra sulle crisi che rischiano di travolgere anche gli altri Paesi, ovvero quella alimentare e quella energetica: «Il nostro obiettivo è incrementare non solo le forniture di gas naturale, ma anche investire sulla produzione di rinnovabili. L’energia rinnovabile è l’unica strada per affrancarci dalle importazioni di combustibili fossili e rendere lo sviluppo davvero sostenibile. Potremo essere indipendenti dal gas russo nel secondo semestre del 2024, ma i primi effetti si vedranno già nell’autunno di quest’anno. Abbiamo stanziato 30 miliardi di euro solo per quest’anno, per far fronte all’emergenza energetica, concentrandoci sulle famiglie delle fasce economiche più deboli e sulle imprese a grande consumo energetico». Ma non è solo il gas russo a far preoccupare Draghi, che guarda con apprensione all’uscita del grano dai porti ucraini: «Se i porti sono stati minati dall’Ucraina è importante che ora vengono sminati per evitare una emergenza umanitaria. Il rischio è che la crisi umanitaria diventi anche alimentare, Russia e Ucraina sono responsabili del 25% delle forniture di grano nel mondo e 26 paesi dipendono da loro».

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Giovanni Toti ha rassegnato le dimissioni da presidente di Regione Liguria

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Dopo ottanta giorni, l’oramai ex governatore ligure ha mollato la presa. Con le dimissioni, Giovani Toti chiederà la revoca dei domiciliari, mentre sarebbe in arrivo la notifica di conclusione delle indagini e con essa il rinvio a giudizio. Già partita la campagna elettorale, si staglia all’orizzonte la sfida Orlando-Rixi. Al voto ad ottobre?

Giovanni Toti ha rassegnato le dimissioni da presidente di Regione Liguria, dopo ottanta giorni di arresti domiciliari. L’ex governatore è accusato di corruzione, falso, abuso di ufficio e finanziamento illecito. Toti potrebbe così far nuovamente richiesta di revoca degli arresti domiciliari.

Le indagini sarebbero alle battute conclusive. Mentre in Procura sfilano gli ultimi testimoni, sarebbero quasi concluse anche le analisi sui telefoni e sui dispositivi sequestrai nei mesi scorsi. Nei prossimi giorni dovrebbe arrivare la richiesta di rinvio a giudizio.

Sull’ex presidente ligure, grava il rischio di  processo immediato custodiale, senza passare dall’udienza preliminare. I pubblici ministeri Luca Monteverde e Federico Manotti potrebbero disporlo da martedì 30 luglio, quando scadranno i termini per presentare ricorso al tribunale del riesame contro i domiciliari. Tra i presupposti per richiedere un processo immediato però, vi è proprio quello di essere sottoposti a custodia cautelare. Con le dimissioni cade di fatto il pericolo di reiterazione del reato e dunque l’istanza di revoca dei domiciliari, già avanzata e respinta in due occasioni, non dovrebbe incontrare grossi ostacoli. Rimesso in libertà, Toti potrebbe disinnescare dunque il pericolo di giudizio immediato.

Nel frattempo, si è già aperta la partita per la sua successione. Il toto-nomi ha già indicato i probabili sfidanti: Andrea Orlando del Partito Democratico ed Edoardo Rixi della Lega, vice di Salvini ai Trasporti. La lista dell’ex governatore ha ratificato il nuovo nome : Cambiare – Con Giovanni Toti, senza la parola presidente. I consiglieri hanno spiegato che in questo modo, in caso di elezioni, non dovranno raccogliere di nuovo le firme. Toti non sarebbe intenzionato a candidarsi in prima persona, come suggerirebbe la rimozione della parola presidente dal nome della lista. La tornata elettorale sarà anticipata tra ottobre e novembre, forse accorpata con le urne in Emilia-Romagna e Umbria.

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L’Italia si riarma: spesa militare sale a 34 miliardi di euro

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Oggi è stato approvato in Commissione Difesa al Senato l’ultimo dei 27 programmi di acquisto presentati da inizio legislatura. Tra i nuovi armamenti in arrivo, 24 caccia Eurofighter, 272 carri armati tedeschi e 890 missili israeliani. La spesa militare in Italia sfiora i 35 miliardi di euro.

Caccia Eurofighter, carri armati, missile e bombe per gli F-35, manche fregate, sottomarini e ammodernamenti per il comparto navale. Questo il contenuto dell’ultimo programma di acquisto approvato in Commissione Difesa al Senato. Con questo, sale a 27 il numero di pacchetti approvati da inizio legislatura. La spesa militare in Italia sale dunque a 34,6 miliardi di euro, cifra che non raggiunge il famigerato 2% del Pil, ma che dimostra un evidente incremento dei fondi: in precedenza si aggirava sui 25 miliardi.

Il voto di oggi ha trovato il solo parere contrario del Movimento 5 Stelle. Sono proprio i capogruppo nelle commissioni di Montecitorio e Palazzo Madama Marco Pellegrini e Bruno Marton a riassumere gli impegni stipulati oggi: «La Difesa incassa così l’ok definitivo ad altri 24 caccia Eurofighter Typhoon (7,5 miliardi, 280 milioni di spesa per quest’anno e il prossimo) – un lotto che in passato era stato tagliato a favore del programma F-35 e che oggi viene invece riesumato in aggiunta a quelli, e a migliaia di missili e bombe della Lockheed Martin (700 milioni, 130 la spesa 2024-2025) per armare proprio i famigerati aerei americani. Semaforo verde anche per l’ammodernamento di due fregate classe Doria (240 milioni) – che arriva subito dopo l’ok all’acquisto di due nuove fregate Fremm che non erano previste dal programma originale di 10 navi – e per l’acquisto di una nave (70 milioni) per il monitoraggio delle infrastrutture sottomarine energetiche e informatiche e per la bonifica dei fondali da ordigni inesplosi, unico programma a cui non ci siamo opposti».

Nel 2010 infatti, quando il ministro della Difesa era l’attuale presidente del Senato Ignazio La Russa, l’Italia abbandonò il progetto Eurofighter per sposare quello che vedeva come protagonisti gli ormai celeberrimi F-35. Una mossa che provocò malumori anche nel suo fronte, dal momento che comportò un aumento delle spese belliche. Oggi invece si è deciso che gli aerei a decollo verticale resteranno alla Marina, mentre i caccia Eurofighter saranno assegnati all’aeronautica.

La lista della spesa bellica comprende anche 21 nuove batterie missilistiche semoventi a lunga gittata Himars, dell’americana Lockheed Martin, per 960 milioni e, per rimpiazzare le armi cedute a Kiev, 12 lanciatori Stinger e 890 missili Spike prodotti dalla israeliana Rafael. La Marina, tra le altre cose, acquista due nuove fregate Fremm, prodotte da Fincantieri per quasi due miliardi di euro e due sottomarini, per un miliardo e 3. Il totale di tutto l’impegno di spesa è 34,6 miliardi di euro, di cui mezzo miliardo già quest’anno.

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La soluzione di Delmastro per le carceri affollate: «stranieri a casa loro»

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Intervistato da Repubblica, il Sottosegretario alla Giustizia Delmastro offre la sua soluzione per allentare la pressione sulle carceri italiane: rimandare i detenuti stranieri nei Paesi di provenienza.

I penitenziari italiani vivono una situazione di emergenza cronica, tra celle sovraffollate, carenza di personale e strutture fatiscenti. Ma il sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro Delle Vedove ha avuto un’idea per aiutare le carceri: rimandare i detenuti stranieri nei rispettivi Paesi di provenienza. «Un terzo dei detenuti è straniera e costa tra i 137 e i 150 euro al giorno. Basta moltiplicare 19.213 detenuti stranieri per 365 giorni e abbiamo trovato i fondi per costruire carceri, assumere agenti e personale».

Secondo Delmastro bisogna «recuperare altri posti per umanizzare la pena. Tant’è che abbiamo sbloccato 166 milioni per l’edilizia penitenziaria incredibilmente bloccati, più 84 col Pnrr, recuperando 6.754 posti sui 10mila mancanti». Durante l’intervista il sottosegretario smentisce di aver detto di volere che i detenuti marciscano in galera: «No, voglio che la espiino perché guardo alle vittime e ai cittadini che non devono vivere nell’insicurezza».

A proposito del tema dei bambini detenuti insieme alle madri afferma: «abbiamo solo detto che il rinvio della pena non è più obbligatorio. Il giudice valuterà la pericolosità sociale. Nessun giudice dotato di senno la sbatte in galera col bimbo di un anno. Diverso è il caso di borseggiatrici seriali che non devono più confidare nell’impunità grazie alla maternità».

Infine, una battuta sul Gio, che in molti hanno definito la squadra di picchiatori anti-rivolte: «Non sono mai stato con le “guardie”, ma sempre al fianco degli agenti che con il Gio daranno un supporto importante per mantenere la sicurezza, tant’è che ci sarà anche il negoziatore».

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