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Musumeci ai comuni alluvionati: «il governo non è un bancomat»

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I comuni alluvionati di Emilia-Romagna e le Regioni coinvolte dal nubifragio, hanno presentato la stima dei danni ed invocano la designazione di un commissario straordinario in tempi brevi, suscitando il disappunto del ministro della Protezione Civile Nello Musumeci, che ha pronunciato una frase che ha già sollevato polemiche, critiche e indignazione. E lui ribadisce: «Questa frase l’avrebbe dovuta dire anche qualcuno 10 anni fa, se volevamo evitare la condizione in cui ci troviamo in Italia in tema di sicurezza del territorio».

Comuni e Regioni colpiti dall’alluvione fanno i conti e Stefano Bonaccini presenta a Palazzo Chigi la stima dei danni del nubifragio che il 16 maggio scorso ha colpito in particolare l’Emilia-Romagna: servono 9 miliardi di euro, per ripartire. E servirebbe che il governo nomini in tempi brevi un Commissario straordinario alla Ricostruzione. Richieste che hanno fatto infuriare Nello Musumeci, ministro della Protezione Civile, che ai microfoni di RaiNews24 ha rivelato che ieri, nel tavolo di lavoro post alluvione, è emersa una certa tensione fra il governo e gli Enti locali: «Ho detto che il governo non è un bancomat».

Musumeci ne fa una questione di principio: «E’ nato per essere un tavolo di coordinamento, che significa confrontarsi sui criteri e sulle priorità. Invece qualcuno ha pensato che la riunione dovesse servire soltanto per portare l’elenco delle spese e riscuotere. Il principio non è questo». Regioni, comuni, imprese e cittadini invece ne fanno una questione di tempi e fondi per la ricostruzione.

Ma per il ministro della Protezione Civile è anche una questione di scarsa “educazione” di alcuni sindaci dei comuni alluvionati «più attenti a cercare consensi che a rispettare il galateo istituzionale e la priorità degli interventi da effettuare per ridare ai cittadini dell’Emilia-Romagna il diritto alla normalità. Qualcuno ha pensato che il governo servisse solo a erogare risorse. Dobbiamo concordare interventi, criteri e priorità perché, altrimenti, rischiamo di dovere alimentare delle aspettative che poi si traducono in delusione e non ce lo possiamo permettere».

Per quanto riguarda il dialogo istituzionale, qualcosa da rivedere c’è: «Faccio il ministro della Repubblica, dibattere con il sindaco o i sindaci non è il mestiere. Il riferimento dei sindaci non è il governo, ma il commissario delegato. Io discuto con il commissario, che non fa polemica, almeno finora, e questo l’ho apprezzato». E sulla questione commissario, Musumeci non sembrerebbe molto propenso a scegliere Bonaccini, ma nemmeno questo, specifica, è di sua competenza: «In Emilia-Romagna, dopo il terremoto, Bonaccini è rimasto commissario all’emergenza per 11 anni. Ha fatto bene? Io faccio il ministro della Protezione civile, non faccio il presidente della commissione d’esami. Il Codice di Protezione civile, non votato da me ma dal governo di centrosinistra nel 2018, prevede che la nomina per il commissario per l’emergenza possa durare un anno, rinnovabile, e poi inizia la fase della ricostruzione. Riteniamo che la materia vada normata, perché c’è qualche lacuna, per definire quando termina la fase di emergenza e quando inizia la ricostruzione. Questo lo stiamo facendo in queste settimane. La nomina può durare tre mesi, sei mesi, un anno. In Emilia-Romagna, per il post terremoto, è durata 11 anni. Perché Bonaccini è rimasto commissario straordinario per 11 anni e solo adesso si sta andando verso la conclusione?».

Al di là di quale sarà il suo ruolo, secondo Musumeci c’è anche da valutare la pertinenza delle richieste del presidente di Regione Emilia-Romagna: «9 miliardi è una cifra che va verificata, altrimenti il governo diventa un bancomat, come lo è stato per 50 anni. Se è fondata cifra portata dal presidente della Regione Emilia-Romagna, ci vorrà del tempo per metter insieme le risorse».

Le frasi di Musumeci hanno subito fatto innalzare un velo di crtiche, polemiche e prese di posizione. «Ma chi crede di essere questo ministro Musumeci? Pensa davvero di poter spiegare con arroganza ai romagnoli come si fanno le cose?» tuona l’emiliano Pier Luigi Bersani.  Jamil Sadegholvaad, sindaco e presidente della provincia di Rimini parla di «parole abbastanza piccine di Musumeci».

Politica

Vannacci si scusa con Paola Egonu: «è italianissima»

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Vannacci abiura il passaggio su Paola Egonu («non ha tratti somatici italiani») e la certifica «italianissima». La campionessa azzurra lo ha querelato.

Dietro front. Paola Egonu è «italianissima», parola di Generale Roberto Vannacci. Il candidato con la Lega alle prossime Europee, ha offerto le sue scuse all’azzurra con una lettera aperta, nella quale si può leggere: «Lei è italianissima, è una italiana di cui andiamo orgogliosi: una persona che, per quanto di origini diverse, ha scelto di rappresentare il nostro paese e di aderire senza alcuna riserva agli ideali fondanti della nostra Repubblica assurgendone a simbolo e a rappresentante nel mondo agonistico» Già in questo passaggio si intuisce qualche distinguo che comunque non saranno assenti nella lettera.

Vannacci, quando ancora seguiva una carriera militare all’insaputa della stragrande maggioranza degli italiani e delle italiane, nel suo libro “Il mondo al contrario” aveva dedicato contestatissimo passaggio ai «tratti somatici» di Paola Egonu.

Dopo le polemiche, e la querela, l’ex generale ora il leghista prova a far chiarezza: «Non ho mai avuto dubbi sulla sua cittadinanza italiana e sono personalmente e convintamente fiero che lei rappresenti il nostro tricolore con la sua eccellenza sportiva, ma questo non può celare visivamente la sua origine di cui, sono convinto, lei stessa vada fiera».

Dunque è italianissima, ma con le dovute precisazioni: «La sua diversità rispetto alle evidenti caratteristiche somatiche della maggioranza della popolazione italiana, è una ricchezza, una risorsa, una peculiarità che la distingue e le fa onore».

«Spero, signora Egonu, di avere compiutamente esplicato il senso delle mie espressioni e mi rallegrerei se in futuro, a sua discrezione, fosse possibile un amichevole incontro tra noi che mi permetta di esprimerle a voce i miei più sinceri sentimenti di viva cordialità e chiederle un autografo

Chissà se l’invito e le scuse verranno accettati. La campionessa aveva querelato il generale per le sue affermazioni La procura di Lucca aveva chiesto l’archiviazione del fascicolo ma la difesa della campionessa si è opposta e il giudice ha fissato l’udienza per la discussione dell’opposizione il 14 giugno.

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«Per fortuna la siccità ha colpito il Sud», l’ennesima gaffe di Lollobrigida

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Il ministro dell’Agricoltura ieri al question time in Senato si è lasciato andare un po’ troppo durante la replica al senatore leghista Bergesio: «la siccità colpisce molto di più alcune regioni del Sud, in particolare la Sicilia e per fortuna molto meno le zone dalle quali lei proviene, ma che producono un valore del vino eccezionalmente rilevante».

Gli fosse scappato una volta, sorvolando sul fatto che è ministro e che non è nuovo ad uscite infelici, gliela si potrebbe pure far passare come una sciocchezza scappata di bocca. Ma ripetere quel «per fortuna» per ben due volte, non offre possibilità di appello. Il ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida torna al centro della scena politica e lo fa ancora una volta a causa di una sua dichiarazione sopra le righe. Durante il question time di ieri al Senato infatti, Lollobrigida è riuscito a dire: «Per fortuna quest’anno la siccità ha colpito alcune zone del Sud e la Sicilia in particolare. E per fortuna molto meno le zone dalle quali lei proviene, ma che producono un valore del vino eccezionalmente rilevante».

Lo ha fatto rispondendo all’interrogazione del senatore leghista Giorgio Maria Bergesio. Se in un primo momento è passata in sordina, il giorno dopo la frase incriminata di Lollobrigida sulla siccità è stata ripresa dal segretario del Partito Democratico siciliano Anthony Barbagallo, che l’ha definita «deplorevole e offensiva.

L’uscita secondo il dem evince un’«evidente inadeguatezza del governo a individuare soluzioni concrete, ma pure la beffa della compiacenza del governo perché non piove nel Mezzogiorno». Barbagallo ha aggiunto: «Non servono ulteriori riprove, Lollobrigida deve fare una cosa e una soltanto: dimettersi con effetto immediato. E provare vergogna per quanto affermato nel silenzio – tanto imbarazzato quanto complice – di tutti i rappresentanti del suo partito e dell’intero centrodestra».

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Arrestato Giovanni Toti, l’accusa è di corruzione

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Sono scattatati gli arresti domiciliari per il presidente di Regione Liguria. Inchiesta di GdF e Dda. Tra gli indagati Paolo Emilio Signorini, amministratore delegato di Iren ed ex presidente dell’Autorità Portuale, in carcere, ed Aldo Spinelli, imprenditore ed ex presidente di Genoa e Livorno, ai domiciliari.

Corruzione ambientale, corruzione per atti contrari a dovere d’ufficio e promesse elettorali. Sono le accuse per le quali è stato arrestato il presidente di Regione Liguria Giovanni Toti, finito nel mirino di Direzione distrettuale antimafia di Genova e della Guardia di Finanza, in un’inchiesta che vede ta gli indagati anche Paolo Emilio Signorini, amministratore delegato di Iren ed ex presidente dell’Autorità Portuale ed Aldo Spinelli, imprenditore ed ex presidente di Genoa e Livorno. Per il primo è stato disposta la custodia in carcere, mentre il secondo, al pari di Toti, si trova ai domiciliari.

Al centro dell’inchiesta, il rinnovo delle concessioni portuali, che Spinelli avrebbe ottenuto finanziando l’attività politica del presidente della Giunta Regionale ligure. 74.100 euro che Toti avrebbe ricevuto da Aldo Spinelli e dal figlio Roberto, in cambio di alcune agevolazioni burocratica, tra le quali, ««trovare una soluzione» per la spiaggia di Punta Dell’Olmo, che secondo gli inquirenti significa agevolare una pratica edilizia relativa alla costruzione di un complesso immobiliare, l’assegnazione degli spazi portuali dell’ex Carbonile e l’aiuto con la pratica del «tombamento» di Calata Concenter, approvata nel 2022.

Nelle carte dell’inchiesta per la quale è stato arrestato Giovanni Toti, spunta il nome di Esselunga e del consigliere di amministrazione Francesco Moncada, accusato di corruzione e raggiunto divieto temporaneo di esercitare l’attività imprenditoriale e professionale. Gli investigatori indagano sull’apertura dei primi punti vendita della catena di supermercati, che proprio prima dell’elezione di Toti ha spezzato il dominio mantenuto fino a quel momento da Coop.

Ma sopra l’indagine si aggira anche lo spettro della mafia. Al centro dei pensieri della Dda, c’è quell’inaspettato 22% ottenuto da Cambiamo, il partito fondato da Toti, nel 2020. In questo filone tra gli indagati c’è anche Matteo Cozzani, ex sindaco di Porto Venere e attuale capo di gabinetto di Toti, accusato di corruzione e «promesse elettorali aggravate dal metodo mafioso». Le ipotesi riguardano presunti contatti con esponenti vicini ai clan mafioso. In particolare il clan Cammarata del Mandamento di Riesi (Caltanissetta), che potrebbe aver ottenuto agevolazioni ed aiuti, in cambio di sostegno elettorale. 

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