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Nuove accuse per Aboubakar Soumahoro: «sapeva tutto», ma lui si difende: «mi vogliono distruggere»

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Un ex collaboratore della cooperativa gestita dalla suocera di Aboubakar Soumahoro lancia nuove accuse, tira in ballo il senatore e afferma che era a conoscenza di quanto avveniva. L’ex sindacalista si difende con un video: «mi volete morto, avete paura delle mie lotte e delle mie idee». E in Alleanza Verdi-Sinistra Italiana regna lo sgomento, anche se Soumahoro si è autosospeso.

Allo stato attuale una sola persona è indagata per le accuse alle cooperative Karibu e Consorzio Aid, Marie Therese Mukamitsindo suocera di Aboubakar Soumahoro, ma le polemiche travolgono il senatore. Anche in Alleanza Verdi-Sinistra Italiana serpeggia un certo imbarazzo e dopo il nuovo confronto con Bonelli e Frattoianni, Soumahoro ha annunciato la sua autosospensione dal partito. «Non ci sarà nessuna sospensione di Aboubakar, siamo un’alleanza che fa del garantismo un principio importante» aveva reso noto ieri Europa Verde. Ma mentre il centrodestra attacco a capo chino, i media continuano a scavare e a sinistra del Pd regna lo sgomento.

Le accuse pubblicate per prima dalla redazione romana di Repubblica, ma riprese, rilanciate e approfondite da diverse testate, non riguardavano il senatore in prima persona, ma le cooperative di Latina dedite all’accoglienza dei migranti, in gran parte minorenni, gestite dalla moglie e dalla suocera di Soumahoro. Alcune persone che avrebbero lavorato nelle cooperative, hanno raccontato al sindacato Uiltucs di non essere stati pagati e di non essere mai stati regolarizzati dal punto di vista contrattuale.

Ma oltre a questo, sono diverse le accuse mosse: debiti col fisco, raccolte fondi benefiche poco trasparenti, presunti maltrattamenti subiti da minori. Anche la sparizione di oltre 200 mila euro frutto degli aiuti anti Covid, che non è chiaro dove siano finite.

Oggi Corriere della Sera rilancia e pubblica la testimonianza di un lavoratore che ha affermato di essere stato sfruttato e di non aver ricevuto gran parte dello stipendio pattuito, di essere stato impiegato senza contratto e che non veniva fornita la “poket money” la diaria per le spese personali, ai migranti minorenni ospiti dei due centri. Ma soprattutto, che Soumahoro sapeva tutto: «Era lì, portava la spesa. Era la sua famiglia. Lui era a conoscenza di quello che accadeva lì dentro».

Il senatore non ci sta e si difende. In un primo momento ha annunciato via social che avrebbe querelato chiunque avesse messo in dubbio la sua integrità, poi ha pubblicato in video, in lacrime nella parte iniziale, nella quale promette che se la Giustizia appurerà che i suoi familiari hanno sfruttato i lavoratori, lui sarà al loro fianco a protestare. «Mi dite cosa vi ho fatto? E’ da una vita che lotto per i diritti delle persone. Vent’anni per strada a lottare per dare dignità e vita alle persone. Una vita caratterizzata dalla lotta contro qualsiasi forma di sfruttamento. Voi mi volete morto. Mi volete distruggere, avete paura delle mie idee, avete paura di chi lotta. Sono giorni che non dormo, ma non mi seppellirete. Mia moglie è al momento disoccupata, è iscritta nelle liste Inps, non possiede alcuna cooperativa. Io sarò il primo a lottare e scioperare con i dipendenti e difendere i loro diritti. Voi avete paura perché sapete che non vado in Parlamento per pulire la scrivania, ma per portare i diritti di chi avete abbandonato. La montagna di fango mi seppellirà, ma non seppellirà le mie idee, quelle di pensionati, giovani, disoccupati, sfruttati e migranti che avete abbandonato. Vado avanti fiero del vostro odio, che volevate un negro da cortile. Ma non lo sono mai stato, sono una persona pulita con un’integrità morale. Sono Aboubakar Soumahoro, nato 42 anni fa in costa d’Avorio, figlio di un contadino e di una casalinga che mi hanno insegnato a non inseguire la ricchezza materiale, ma quella spirituale. Non ho mai voluto tradire quei valori».

Politica

Gli “scivoloni” di Draghi nelle anticipazioni del libro di Salvini

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Il vice premier è in procinto di consegnare al pubblico la sua ultima fatica letteraria, “Controvento” ed oggi sono uscite alcune anticipazioni sul rapporto non proprio idilliaco con Mario Draghi, tra cui la scarsa condivisione da parte del premier sulle scelte di governo, la decisione di “salire al colle” e le divisioni in materia fiscale.

Lo presenterà il prossimo 25 aprile a Milano. Probabilmente non aveva segnato nulla in agenda ed ha approfittato del giorno di festa. Anche perché non è una data in cui il segretario federale della Lega può trovare facilmente una sagra che lo ospiti. Quel giorno le grigliate gli risulterebbero un po’ indigeste, quindi Matteo Salvini resterà in città e presenterà il suo libro “Controvento. L’Italia che non si arrende”, edito da Piemme. Oggi, sono uscite alcune succulenti anticipazioni, nelle quali Salvini affronta il rapporto con Mario Draghi.

Un rapporto incrinatosi subito. «Al di là della cortesia dei primi approcci, il premier Draghi scelse di non condividere con i segretari dei partiti nemmeno la scelta dei ministri. Ricordo che ero a casa quando squillò il telefono. Palazzo Chigi. Da lì a dieci minuti, i nomi degli aspiranti ministri sarebbero stati consegnati al Colle. Ripeto: dieci minuti». E sulle nomine poi, le decisioni a dette di Salvini non furono soltanto unilaterali, ma anche errate: «La disastrosa Luciana Lamorgese confermata al Viminale, per non parlare di Roberto Speranza alla Salute, fino all’irriducibile Luigi Di Maio agli Esteri».

Oltre a questi primi motivi di frizione, un passaggio è risultato decisivo per far decidere al carroccio di negare il proprio appoggio e far cadere il governo: ««Nella conferenza stampa di fine anno [2022, ndr], il presidente del Consiglio aveva fatto intendere di ritenere sostanzialmente conclusa la sua missione di governo. Un’uscita che in molti avevano letto come l’ammissione di voler puntare al Colle». Tra i due ci sarebbe poi stato «un ultimo incontro» nel quale «il presidente Draghi sondava la disponibilità della Lega e del centrodestra in generale per un’eventuale sua ascesa al Colle». Una mossa che non spiazza Salvini, che, scrive nel libro, chiede immediatamente cosa ne sarebbe stato del governo. «La risposta non arrivò. O meglio, ci fu un “Ne parleremo dopo”».

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Suicidio assistito, il governo ricorre al Tar contro le delibere dell’Emilia-Romagna

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Palazzo Chigi si oppone alle delibere per regolamentare il suicidio assistito emanate da Stefano Bonaccini.

Iter e tempistiche stabilite per permettere alle aziende sanitarie di garantire il diritto dei malati a ricorrere al suicidio assistito, come sancito da una sentenza della Corte costituzionale. Questi i contenuti di un provvedimento sul suicidio assistito emanato della giunta regionale dell’Emilia-Romagna, guidata da Stefano Bonaccini, contro il quale oggi hanno presentato ricorso al Tar la presidenza del Consiglio dei Ministri ed il Ministero della Salute.

Si tratta del secondo ricorso presentato contro le delibere sul suicidio assistito annunciate da Regione Emilia-Romagna, dopo quello presentato a marzo dalla consigliera di Forza Italia Valentina Castaldini. E’ lei stessa a rendere noto oggi che il governo le dà man forte in questa battaglia.

«Carenza di potere dell’ente» sull’oggetto del dibattito «e la contraddittorietà e l’illogicità delle motivazioni introdotte nelle linee guida inviate alle aziende sanitarie», tra le cause indicate alla base del ricorso.

I provvedimenti fissano un limite di 42 giorni a disposizione di enti ed istituzioni per rispondere alla domanda presentata da pazienti che richiedono l’esecuzione del fine vita. Sui social Bonaccini si è espresso duramente contro la decisione del governo: «Il Governo, anziché preoccuparsi di dare una legge al Paese e alle persone che vivono in condizioni drammatiche, sceglie addirittura di boicottare l’Emilia-Romagna che attua la sentenza dalla Corte Costituzionale».

«Per la destra- continua il post di Bonaccini – non basta negare un diritto alle persone sancito dalla Corte: per loro è preferibile che un paziente in condizione di fine vita debba rivolgersi ad un tribunale per vedersi riconosciuto quanto la Consulta ha finalmente sancito. Si è passato il limite. Non solo si negano i diritti delle persone riconosciuti dalla Corte costituzionale, ma si fa battaglia politica sulla pelle di pazienti che si trovano in condizioni drammatiche».

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Moglie, suocera e cognati di Aboubakar Soumahoro rinviati a giudizio

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Il Gup di Latina ha accolto le richieste dei pm. Secondo le accuse, gli indagati hanno utilizzato il denaro della Prefettura destinato ai minori ospiti della cooperativa Karibu, per spese personali.

Liliane Murekatete, Marie Therese Mukamitsindo, Michel Rukundo e Aline Mutes, rispettivamente moglie, suocera e cognati del senatore Aboubakar Soumahoro, sono stati rinviati a giudizio dal  giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Latina Giulia Paolini, che ha accolto le richieste del pm Giuseppe Miliano. Un altro cognato di Soumahoro, Richard Mutangana, è tornato in Ruanda ed è al momento irreperibile, ma la sua posizione è stata stralciata.

In base alle accuse nei loro confronti, gli indagati avrebbero utilizzato i soldi provenienti dalla prefettura di Latina e destinati ai giovani ospiti della cooperativa Karibu per comprare oggetti di lusso ed effettuare investimenti all’estero, mentre i migranti erano stati lasciati al freddo e con poco cibo.  I reati contestati sono quelli della bancarotta, frode in pubbliche forniture e autoriciclaggio.

L’inchiesta nacque dalle segnalazioni di alcuni dipendenti della cooperativa, rimasti senza stipendio. Questo fattore ha portato anche ad una vertenza sindacale. La vicenda si è abbattuta come un macigno sulla carriera politica del senatore Soumahoro, passato repentinamente al gruppo misto dopo essere stato scaricato dal partito con cui era stato eletto, Alleanza Verdi-Sinistra Italiana.

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