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Cronaca

La realtà ha già superato la realtà virtuale: un’altra donna ha denunciato uno stupro subito nel metaverso

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donna stuprata nel metaverso

La tecnologia è ancora agli albori, la platea, soprattutto fuori dagli Stati Uniti, è composta ancora da pionieri, eppure il metaverso ha già fatto i conti con la realtà: una ricercatrice ha raccontato di essere stata stuprata in una stanza virtuale. E non è la prima a dirlo.

Il metaverso nelle intenzioni degli sviluppatori e dei programmatori, dovrebbe essere un paradiso idilliaco. Virtuale, ma idilliaco. Finto, impalpabile, etereo, ma idilliaco. Alert spolier: non è così. Non si può pretendere che una qualsivoglia contesto, concreto o virtuale che sia, possa essere immune alle debolezze umane. Ed è così che si arriva alla denuncia, vera, di uno stupro, virtuale, commesso in una stanza del metaverso. Tra fantascienza e realtà. Una donna infatti ha raccontato di essere stata costretta ad entrare in una stanza, dove sarebbe stata stuprata da una persona, mentre altre stavano a guardare senza intervenire.

Bisogna specificare una cosa però, specie per chi non ha ben compreso di cosa stiamo parlando. Lo stupro non è stato commesso davvero. Nessun uomo, o donna, ha violentato sessualmente la ricercatrice. E’ stato il suo avatar, ovvero l’alter ego virtuale, un “omino” che ci rappresenta nel metaverso, ad essere stato stuprato. Da altri avatar.

La donna stuprata nel metaverso, Vicky Wyatt, avrebbe potuto semplicemente disconnettersi dall’applicazione e lì ‘esperienza sarebbe cessata. Tuttavia, ha affermato di aver voluto registrare cosa le stesse capitando, anche per ottenere materiale utile alle sue ricerche, collegate proprio alla violenza online.

Ha descritto l’esperienza che ha vissuto come «molto disturbante» e dal forte impatto emotivo. Non si tratta della prima denuncia simile, anzi le segnalazioni simili si moltiplicano esponenzialmente. Nel dicembre scorso un’altra utente, Nina James, raccontò di aver subito uno stupro di gruppo, circa sessanta secondo dopo aver effettuato l’accesso al metaverso. Insomma in un mondo che sta uscendo da una pandemia, ma che teme che possa scoppiarne un’altra, mentre guarda una guerra che potrebbe avere un’escalation globale, non pensate di poter trovare rifugio, almeno virtuale, nel metaverso: qualcuno potrebbe abusare sessualmente di voi.

Cronaca

Condannato per aver stuprato la figlia minorenne: era tutto falso

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violenza sessuale stupro

La giovane, per distogliere le attenzioni della madre, contraria ad una sua frequentazione con un ragazzo, ha creato un diversivo facendo leva sulle frizioni tra i suoi genitori.

Una ragazza voleva frequentare un ragazzo conosciuto on-line, ma la madre, dopo averla sorpresa ad inviare foto di nudo, non le permetteva di farlo. Per questo la figlia minorenne ha inventato un diversivo per distrarla: ha accusato il padre di un falso stupro, facendolo arrestare per i presunti abusi. Condannato in primo grado, è stato scagionato in appello.

La ragazza, ben consapevole dell’infondatezza delle sue affermazioni, ha lanciato la «pesantissima accusa» come un «diversivo» utilizzato «per lucrare della contrapposizione tra i genitori». Suo padre ha scontato 27 mesi di reclusione tra carcere e domiciliari.

«Piuttosto dovrei denunciare papà per aver abusato di me» ha detto la giovane alla madre, quando la donna l’ha scoperta inviare foto di nudo al ragazzo conosciuto on-line. La madre inizialmente avrebbe pensato di denunciare il giovane destinatario delle foto hot, poi, persuasa dalla figlia, ha denunciato il marito. In un primo tempo non ha creduto al racconto della ragazza, poi, a mano a mano, si è lasciata convincere.

Il marito è stato arrestato e condannato per il falso stupro della figlia minorenne nel 2021. La Corte d’appello ha però ribaltato la sentenza, sentenziando che i presunti abusi non si sono mai verificati.

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L’ex maggiordomo di Pier Silvio Berlusconi gli fa causa per gli straordinari non pagati

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pier silvio berlusconi

Secondo l’uomo, durante il lockdown le sue incombenze sono aumentate, senza che gli venisse corrisposto un adeguato riconoscimento salariale.

Anche Pier Silvio Berlusconi deve affrontare il proprio calvario giudiziario, ma a differenza del padre, non sono le “toghe rosse” a trascinarlo in Tribunale, bensì il suo ex maggiordomo. Che se nei vecchi romanzi gialli, di solito era il colpevole, in questa storia si presenta come vittima e chiede che gli vengano pagati gli straordinari che gli spettano.

L’uomo ha lavorato per Pier Silvio Berlusconi e per la sua compagna Silvia Toffanin a villa Bonomi Biolchini, il castello di Paraggi nel comune di Santa Margherita. Alla base della disputa con il suo ex datore di lavoro, gli straordinari svolti durante il lockdown, un periodo in cui con le famiglie a casa le incombenze sono aumentate. L’ex maggiordomo di Pieri Silvio Berlusconi, vicino alla pensione, lamenta retribuzioni inadeguate, a fronte di maggiori incarichi.

Ieri si è tenuta la prima udienza, al termine della quale il magistrato ha rinviato il tutto, esortando le parti a trovare un accordo. Che però non sembra di facile raggiungimento. La mediazione infatti, prevista dai termini di legge, per il momento non ha portato a nessun accordo tra Pier Silvio Berlusconi ed il suo ex maggiordomo.

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Pubblicarono video hard fake di Giorgia Meloni: padre e figlio a processo

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giorgia-meloni

I due, di 73 e 40 anni, rischiano di dover pagare un risarcimento da 100 mila euro. Pubblicarono su un sito per adulti americano video hard creati artificiosamente, che mostravano il volto di Giorgia Meloni.

Andranno a processo i due uomini che hanno creato e pubblicato su un sito per adulti video hard fake che mostravano Giorgia Meloni impegnata in rapporti sessuali. I due, padre e figlio di 73 e 40 anni, rischiano di dover pagare un risarcimento danni da 100 mila euro. Che, ha reso noto la premier, verrebbero devoluti  al fondo del ministero dell’Interno per le donne vittime di violenza.

I due hanno applicato, tramite software specifici, il volto della presidente del Consiglio Giorgia Meloni sul corpo delle pornostar di alcuni video hard. Questi filmati sono rimasti per parecchi mesi, ottenendo migliaia di visualizzazioni.

Il padre ha richiesto la messa in prova, mentre il figlio affronterà il processo con rito abbreviato. La prima udienza è fissata per il 2 luglio, a Sassari. Le indagini, partite nel 2020, si sono basate sul tracciamento dell’utenza telefonica dalla quale erano partiti i dati. Sarebbe stato il quarantenne a modificare e a pubblicare i video.

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