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Emancipazione femminile in Egitto: si insegue l’indipendenza economica per raggiungere la parità di genere

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In Egitto attualmente ci sono sei ministri e novantotto giudici donne, mentre fino a qualche anno fa il Consiglio di Stato era composto esclusivamente da uomini: se non si può ancora parlare di parità di genere a tutto tondo, è possibile constatare che si stanno compiendo passi in avanti per l’emancipazione femminile.

Nada Draz

Nada Draz, membro del Consiglio Nazionale per le donne in Egitto (NCW), in qualità di presidente dell’ottava sessione della Conferenza ministeriale sulle donne dell’Organizzazione per la cooperazione islamica (OIC), ha affermato che l’Egitto si concentra sull’emancipazione economica delle donne come fondamento essenziale per stabilire i principi dell’uguaglianza di genere ed emancipazione femminile. Draz ha parlato a nome del presidente della NCW Maya Morsy , durante una sessione virtuale tenutasi martedì 14/2/2023 nell’ambito dell’ottava riunione del comitato consultivo della conferenza sulle donne, per fare il punto dei progressi compiuti in materia di emancipazione femminile negli Stati membri dell’OIC.

Maya Morsy

L’Egitto non ha risparmiato sforzi per fornire alla WDO (Women Development Organization), il necessario supporto tecnico e logistico, secondo le direttive del Presidente Abdel Fattah El Sisi, per il pagamento dei contributi annuali, destinati a essere versati dai Paesi meno sviluppati, siano essi firmatari dello Statuto della WDO o altri che non l’hanno fatto, ma intendono aderire all’organizzazione. Da quando si è insediato El Sisi nel giugno 2014, la questione dell’emancipazione delle donne è stata uno degli obiettivi fondamentali della leadership politica, esplicatasi nella nomina di ben 6 ministri di sesso femminile nello stesso Governo, rappresentando il 17,6% del Consiglio dei Ministri. Per la prima volta nella storia dell’Egitto, sono state nominate 98 donne giudici del Consiglio di Stato, organo giudiziario indipendente egiziano, competente in via esclusiva a pronunciarsi sulle controversie amministrative, sui procedimenti e sui ricorsi disciplinari e sulle controversie relative alle sue decisioni.

Il Consiglio di Stato egiziano nacque nel 1946. È stato composto esclusivamente da uomini per 75 anni ed ha fermamente respinto le candidature delle donne fino al 2021, quando El Sisi non ha disposto la loro partecipazione ai due principali organi giudiziari del Paese: il consiglio e la pubblica accusa. A tutela delle donne sono state inoltre inasprite le leggi contro il matrimonio precoce e l’infibulazione, sia per i familiari che per il personale sanitario. Sono state introdotte politiche fiscali ed economiche per emancipare economicamente le donne e garantire loro adeguate opportunità di lavoro anche come lavoratrici occasionali. L’ Egitto ha interesse anche ad ospitare l’ottava conferenza ministeriale dell’OIC sulle donne, nonché la sede dell’Organizzazione per lo sviluppo delle donne (WDO), la prima OIC -ente affiliato specializzato nella promozione e tutela dei diritti delle donne.

Sembrerebbe dunque che i tempi in cui l’ex presidente Mohamed Morsi e la  Fratellanza Musulmana erano al potere, relegando le donne ai margini della società e compiendo attentati e discriminazioni contro chi aveva una fede religiosa diversa, si stiano allontanando.

Chiara Cavalieri

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Incriminato Donald Trump: «sono un perseguitato»

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perquisita la residenza Donald Trump in Florida

E’ la prima volta che un ex presidente degli Stati Uniti d’America viene incriminato come Donald Trump. Secondo le accuse avrebbe usato i soldi della campagna elettorale per pagare il silenzio di una pornostar con la quale aveva avuto una relazione. Martedì dovrebbe presentarsi in Tribunale. Timori per una nuova “Capitol Hill”.

La notizia era attesa da giorni. Il Grand Giury di New York e ha infine incriminato Donald Trump per la vicenda legato al pagamento di Stormy Daniels, la pornostar con cui ebbe una relazione dopo il matrimonio con Melania. L’ex presidente statunitense Trump, il primo ad essere incriminato, si è sempre mosso per trasformare la sua vicenda giudiziaria in uno show mediatico ed è già passato al contrattacco: «Sono un perseguitato,» ha commentato. Il tycoon sostiene che si tratti di una macchinazione per impedirgli una nuova scalata alla Casa Bianca e si è spinto perfino a ipotizzare che ci possa essere Joe Biden dietro a tutto questo.

Martedì dovrebbe comparire in Tribunale per l’incriminazione formale, dopodiché dovrebbe essere rimesso in libertà su cauzione. Al momento non si sono verificate grosse reazioni alla notizia, ma si teme che nel giorno in cui comparirà in aula, possano verificarsi nuovi scontri, simili a quelli avvenuti in occasione dell’assalto di Capitol Hill.

Secondo le accuse Trump avrebbe pagato, ai tempi della sua prima candidatura, la pornostar Stormy Daniels per tacere sulla loro relazione, successiva la matrimonio con Melania. La notizia avrebbe ovviamente avuto un impatto negativo sulla sua campagna elettorale. Di per sé quanto fatto da Trump non è illegale, ma secondo l’accusa avrebbe pagato l’attrice hard in nero ed usando i fondi per la campagna elettorale.

La vicenda risale a 7 anni fa, un’eternità per la Giustizia Americana. In mezzo i quattro anni da Potus, presidente degli Stati Uniti, e la pandemia hanno dilatato i tempi di una vicenda che martedì potrebbe inaugurare un nuovo, drammatico, capitolo.

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Mostra foto del David agli studenti, preside costretta a dimettersi: «è pornografia»

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La preside di un istituto californiano è stata costretta a rassegnare le dimissioni dopo le proteste dei genitori degli studenti, ai quali ha mostrato, durante una lezione di Storia dell’Arte, una foto del David di Michelangelo, giudicata «pornografia».

Ma non è che la “cancel culture” ci sta sfuggendo di mano? O forse stiamo solo impazzendo tutti. O almeno, è quello a cui si sarebbe portati a pensare valutando una storia che arriva dalla California, dove una preside di una scuola media è stata costretta a rassegnare le dimissioni per placare uno scandalo: ha mostrato foto pornografiche ai suoi studenti minorenni. Fino a qui sarebbe tutto comprensibili, anzi appare quasi fin troppo blanda la contromisura nei confronti della docente pervertita, se non fosse che la pornografia in questione era una foto del David di Michelangelo.

Il David è una delle opere più mirabili dello scibile umano, massima espressione della scultura e simbolo della perfezione dei canoni estetici. Ma il buon vecchio David ha una colpa: beffardo, mostra le pudenda.

E su questa sua ben visibile inclinazione all’esibizionismo, più che sulla squisitezza dei dettagli impressi nel marmo e nella storia, si sono soffermati i genitori degli alunni dell’istituto, che hanno chiesto, e ottenuto, le dimissioni della preside. Ma tra le opere di quello sporcaccione di Michelangelo, non c’è solo il David nel mirino dei genitori anti pornografia. Anche la Creazione di Adamo avrebbe suscitato malcontento, mentre la Venere di Botticelli ha generato scandalo.

Insomma, la California in questo episodio è apparsa veramente distante dal Rinascimento Fiorentino.

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L’Ungheria di Orbán: «noi non arresteremmo Putin»

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L’ennesimo distinguo dell’Ungheria di Orbán rispetto alla linea dei Paesi Ue in tema di guerra in Ucraina, che ha dichiarato che non darebbe seguito all’arresto Putin disposto dalla corte internazionale, costituisce una frattura sul piano del diritto internazionale. L’Aia insiste: «Ungheria ha ratificato trattato, ha obbligo di cooperare».

In tema di sanzioni alla Russia, o quantomeno di condanne verso l’invasione d’Ucraina, l’Ungheria si è dimostrato il Paese più tiepido, tra i partner europei. Anche prima dell’inizio della “operazione speciale” spesso la linea di Budapest viaggiava parallelamente a quella di Bruxelles, senza incontrala mai. Ma la dichiarazione del capo di gabinetto di Orbán, Gergely Gulyás, rappresentano una vera e propria frattura sul piano internazionale. L’Ungheria infatti, in base a quanto dichiarato, non darebbe seguito al mandato d’arresto nei confronti di Putin spiccato dal Tribunale Internazionale, qualora il presidente russo mettesse piede in terra ungherese.

Al di là della divergenza di opinioni, questa posizione rappresenterebbe una trasgressione ai doveri a cui sarebbe sottoposta l’Ungheria, che ha ratificato l’ingresso nella Corte Penale internazionale. E’ sempre Gulyás a spiegare che il trattato però non vincolante per Budapest dal momento che «non è stato ancora promulgato poiché contrario alla Costituzione».

Una tesi però smentita da una fonte interna al Tribunale de l’Aia, citata da Ansa, secondo la quale: «ha ratificato il trattato nel 2001 e ha l’obbligo di cooperare con la Corte nel quadro dello Statuto di Roma».

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