Politica
Elezioni Presidente della Repubblica, c’è la data: il 24 gennaio

Il Presidente della Camera Roberto Fico, dopo essersi confrontato con la Presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati, ha convocato il Parlamento lunedì 25 gennaio alle ore 15 in seduta comune per le elezioni del Presidente della Repubblica .
Nel pomeriggio l’avviso di convocazione sarà inserito ufficialmente nella Gazzetta, ma la data in cui i parlamentari sono chiamati a scegliere il prossimo Capo dello Stato è stata resa nota dal Presidente Fico: prima convocazione per le elezioni del Presidente della Repubblica, lunedì 24 gennaio, alle ore 15, in seduta comune.
Dal momento della convocazione, i parlamentari di entrambi i rami, quindi sia deputati che senatori, si riuniranno a Montecitorio per una seduta che proseguirà fra votazioni e scrutini senza soluzione di continuità fino alla fumata bianca.
1009 sono i grandi elettori a cui è affidato il compito di designare il successore di Mattarella. Per essere eletti durante i primi tre scrutini è necessario ottenere due terzi dei consensi, è pari a 673 voti, mentre a seguire basterà la maggioranza assoluta, ovvero 505 voti. Allo stato attuale, i conti del pallottoliere politico dicono che nessun partito, o coalizione, ha i numeri per eleggere il proprio candidato, pertanto sarà necessario convergere su un nome ad un certo punto, ma non sembra un passaggio facile. Il centro destra se votasse compatto potrebbe contare su 383 voti, lo schieramento giallorosso su 381. In entrambe le somme, non sono stati presi in considerazione Fico e Casellati, dal momento che tradizionalmente i Presidenti delle Camere non votano.
Nel mezzo balla tutta una serie di partiti, partitini, formazioni e gruppi parlamentari: Coraggio Italia di Giovanni Toti, Italia Viva di Matteo Renzi, il gruppo misto e i fuoriusciti dal Movimento 5 Stelle, e poi ancora Noi con L’Italia, Centro democratico, il Movimento associativo italiani all’estero, Liberi e Uguali, Azione, +Europa, le Autonomie, i rappresentanti delle minoranze linguistiche e i 6 senatori a vita. Tanti piccoli, ma molto appuntiti, aghi della bilancia che rischiano di rendere le elezioni del Presidente della Repubblica un campo mirato.
Politica
Salvini: «Il ponte sullo stretto di Messina collegherà Palermo e Berlino»

Ad un’intervista al quotidiano francese Le Figarò, il ministro dei Trasporti Matteo Salvini non ha parlato solo del ponte sullo stretto di Messina e del collegamento Palermo-Berlino, ma anche di Tav Torino-Lione: «Rifiuto di immaginare che la Francia possa avere cambiato parere».
Chissà che ponte ha in mente Salvini. Per il ministro dei Trasporti l’opera tra Sicilia e Calabria non è più un progetto: è un’ossessione. Oramai è sempre più al centro dei suoi pensieri e sembra che alla realizzazione del collegamento fra Reggio Calabria e Messina abbia deciso di ancorare il suo messaggio, e forse il suo futuro, politico. Anche con la stampa estera, l’argomento resta quello, Ne ha parlato con lo spagnolo El Pais e ne ha parlato col francese Le Figarò. Al quotidiano d’oltralpe, Salvini regala la vera chicca sul ponte sullo stretto di Messina: «permetterà di collegare Palermo e Berlino». Salvini intendeva dire che l’opera darà, a suo dire, grande impulso ai collegamenti dell’Unione Europea, ma la sua frase è diventata in fretta oggetto di ironia sul web.
Ma sui temi infrastrutture e rapporti tra Italia e Francia, non particolarmente distesi nell’ultimo periodo, Salvini ha un altro punto che gli preme affrontare: la Tav Torino Lione. «la Francia deve fare la sua parte». E in merito all’eventualità che Parigi possa decidere di non accogliere l’appello entro il 2032, come raccomandato dal Consiglio di orientamento delle infrastrutture (organo unicamente consultivo di Parigi) nel febbraio scorso, Salvini risponde: «Rifiuto di immaginare che la Francia possa avere cambiato parere o unicamente deciso di rallentare i lavori per finanziare treni regionali in casa sua. Sarebbe una tale mancanza di rispetto riguardo all’Italia, ma anche riguardo alla Commissione europea, che ha approvato centinaia di milioni di euro per questo corridoio mediterraneo».
Politica
Visita di Mattarella in Emilia-Romagna, Musumeci: «governo non è stato invitato»

Mentre il presidente della Repubblica Sergio Mattarella visita le zone colpite dall’alluvione che si è abbattuta sull’Emilia-Romagna, Nello Musumeci, ministro per la Protezione civile, si lamenta del fatto che non è stato invitato nessun esponente del governo. La replica del Quirinale: «sempre gradita la presenza degli esponenti di governo, ma in occasioni del genere non si fanno inviti».
«Sono contento che anche il Presidente della Repubblica sia oggi sui luoghi alluvionati, come ha fatto tutto il governo e come ha fatto per due volte la presidente del Consiglio. Peccato che oggi non ci sia nessuno del governo a illustrare al Capo dello Stato le criticità, nessuno è stato invitato. Non fa niente, l’importante è arrivare ai risultati». Sono parole amare quelle con cui Nello Musumeci commenta la visita di Sergio Mattarella in Emilia-Romagna, a RaiNews24. Il ministro per la Protezione Civile, già Presidente di Regione Sicilia, non sa rispondere quando gli si chiede il motivo di questo mancato invito, ma si limita a rilevare che semplicemente non è stato recapitato.
Il Quirinale taglia corto: «Il presidente della Repubblica nelle visite nei territori italiani non impone la presenza di esponenti del governo. Essa, peraltro, è sempre gradita dal Presidente Mattarella. È così da sempre, dall’inizio del primo settennato – spiega il consigliere per la stampa Giovanni Grasso – Il Quirinale in occasioni del genere non ha mai fatto inviti. Ma se qualcuno vuol venire è benvenuto».
Nel frattempo il presidente delle Repubblica Sergio Mattarella è stato ben accolto dalla popolazione in tutte le tappe della sua visita nei luoghi alluvionati di Emilia-Romagna. E a loro Mattarella ha promesso: «Tutta l’Italia vi è vicino e non sarete soli in quest’opera importante, che deve essere veloce: questo territorio è un elemento importantissimo, fondamentale per la vita dell’Italia, lo è per la sua economia, lo è per la sua storia».
Politica
L’effetto Schlein alle Amministrative: ha vinto la destra

Se al primo turno le lezioni amministrative sono state tutto sommato equilibrate, con una vittoria di misura del centrodestra, i ballottaggi sono stati una Caporetto per quel che resta del campo largo: 10 comuni al centrodestra, 3 al centrosinistra, che perde anche lo storico fortino di Ancona. Solo a Vicenza il Pd è andato bene, ma qui il neo sindaco Possamai aveva chiesto esplicitamente ai big del partito di non palesarsi. Ed ha vinto. Coincidenze?
La riscossa rossa non si è vista. L’effetto Schlein, l’ondata di entusiasmo suscitata dalla vittoria della neosegretaria alle primarie, non si è tramutato in una spinta propulsiva alle Elezioni Amministrative, in particolare ai ballottaggi: 10 a 3 è un risultato che si commenta da solo. I calcoli, le supposizioni e le analisi fatte al precedente turno, quello di domenica e lunedì 14 e 15 maggio nel quale il divario emerso era meno netto (Latina, Sondrio, Treviso, Imperia al centrodestra, Teramo e Brescia al Centrosinistra), vengono meno. Il centrosinistra, il Pd in particolare, è stato sconfitto un po’ ovunque. Perfino ad Ancona, storica roccaforte rossa. Le elezioni nella città dorica sono state tirate e lo scarto piuttosto risicato, ma il risultato non prevede appelli: è Silvetti il nuovo sindaco. Emblematico il caso di Vicenza, dove il nuovo primo cittadino è espressione del centrosinistra: durante la campagna elettorale aveva chiesto ai big di partito di non organizzare comizi.

Al centrodestra vanno anche Massa, Pisa, Siena e Brindisi. Il Pd e il M5S in alcuni casi hanno riproposto il campo largo di lettiana memoria, in altre hanno corso separati: in entrambi i casi il risultato non è stato loro favorevole e sono stati penalizzati più dei competitor dalla scarsissima affluenza. Salvo alcuni casi eccezionali e legati a divisioni locali, il centrodestra si è presentato compatto e si è imposto con decisione alle urne.
Sulla mancata sferzata inferta dalla nuova segretaria il primo ad ironizzare è stato il ministro dei Trasporti Matteo Salvini: ««Non c’è che dire: un ottimo effetto Schlein». Cala i panni del bulletto da tastiera anche la ministra per la Famiglia Roccella: «anche l’armocromia, come tante altre cose in politica, c’è chi la predica e chi la fa: tutta l’Italia al ballottaggio ha scelto un colore solo, il nostro».
I retroscena di stampa vedono Elly Schlein preoccupata e assediata da malumori interni. Non che la sua elezione a segretaria avesse appianato le divergenze che animano le diverse anime del Partito Democratico. E chissà che le immagini che mostrano Stefano Bonaccini e Giorgia Meloni dialogare costruttivamente sui luoghi dell’alluvione non abbiano giocato un ruolo, oppure fatto sorgere qualche rimpianto agli elettori del Pd, sia tra i sostenitori di una mozione, che tra quelli dell’altra.
-
Attualità4 settimane fa
Tassista pubblica gli incassi giornalieri con il pos: insulti sui social e gomme tagliate
-
Attualità4 settimane fa
Ancora polemiche sulla campagna Open to Meraviglia: «recensioni e follower fake»
-
Cronaca1 settimana fa
Lucia Annunziata si è dimessa dalla Rai: «atto di serietà, non ci sono le condizioni»
-
Cronaca2 settimane fa
Ragazzino di 11 anni accoltella il bullo di 14 a due passi dalla scuola
-
Cronaca1 settimana fa
Si prende due giorni per andare a spalare fango in Romagna: rider licenziato
-
Mondo4 settimane fa
Tajani annulla il viaggio in Francia dopo le parole del ministro Darmanin: «Meloni incapace di risolvere problemi migratori»
-
Attualità4 giorni fa
In tre in sella senza casco: polemiche sul cantante Ultimo
-
Politica4 settimane fa
Calenda su superamento bicameralismo: «serve abolizione Camera dei Deputati»