Mondo
Tremendo terremoto tra Turchia e Siria, già più di mille i morti accertati
Rientrato l’allarme tsunami nel Mediterraneo. Il vulcanologo turco: «il più violento degli ultimi 24 anni».

Violentissimo terremoto tra Siria e Turchia. La scossa principale la notte scorsa, di magnitudo 7.7. In mattinata una nuova scossa da 7.6. Durante lo sciame sismico, tantissime quelle superiori al 6. Già migliaia i morti, i feriti e gli sfollati. Si attiva la solidarietà internazionale. «Vicini al popolo amico turco» dice Mattarella, «pronti ad aiutare» afferma Meloni.
Quando questo articolo è stata scritto, le vittime accertate tra Turchia e Siria in seguito alle violentissime scosse di terremoto che da questa notte stanno sconquassando la fascia di confine tra i due Paesi, erano già 1358. Ma il bilancio è provvisorio e il bilancio viene aggiornato di minuto in minuto, man mano che si scava.
A complicare le cose, il fatto che la tremenda scossa sia avvenuta di notte, quando la popolazione dormiva nelle proprie case. Molti gli edifici che sono collassati su loro stessi, inghiottendo sotto le macerie migliaia di persone. E la ricerca d eventuali sopravvissuti prosegue senza sosta e si continua a scavare anche a mano, nella speranza di trovare qualcuno ancora vivo sotto le macerie. Più complicata la conta di danni, feriti e vittime in Siria: il Paese è diviso tra i territori sotto il controllo del governo di Bashar Al Assad e le aree che invece sono in mano ai ribelli.

L’area in cui il sisma si è propagato, lungo la faglia Est Anatolico, nella parte meridionale della penisola anatolica non distane dal confine con la Siria, è abitata in gran parte da curdi. Dopo la violentissima scossa della notte, di magnitudo 7.7, diverse sono state quelle dello sciame con magnitudo superiore a 6. Questa mattina, una nuova tremenda scossa 7.6. Per capire l’entità del fenomeno, basta dire che entrambe sono state di gran lunga superiori a quelle che hanno colpito L’Aquila e Amatrice.
Mentre rientra l’allarme tsunami nel Mediterraneo, si attiva la rete di solidarietà internazionale. Molti i Paesi che hanno già offerto il proprio aiuto alla Turchia e alla Siria, e l’Italia non fa eccezione. Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha espresso solidarietà al «popolo amico turco», mentre Giorgia Meloni ha reso noto che il governo è pronto ad aiutare. Intanto, la Protezione Civile dell’Unione Europea, ha già inviato sul posto due squadre di intervento.
Mondo
Incriminato Donald Trump: «sono un perseguitato»

E’ la prima volta che un ex presidente degli Stati Uniti d’America viene incriminato come Donald Trump. Secondo le accuse avrebbe usato i soldi della campagna elettorale per pagare il silenzio di una pornostar con la quale aveva avuto una relazione. Martedì dovrebbe presentarsi in Tribunale. Timori per una nuova “Capitol Hill”.
La notizia era attesa da giorni. Il Grand Giury di New York e ha infine incriminato Donald Trump per la vicenda legato al pagamento di Stormy Daniels, la pornostar con cui ebbe una relazione dopo il matrimonio con Melania. L’ex presidente statunitense Trump, il primo ad essere incriminato, si è sempre mosso per trasformare la sua vicenda giudiziaria in uno show mediatico ed è già passato al contrattacco: «Sono un perseguitato,» ha commentato. Il tycoon sostiene che si tratti di una macchinazione per impedirgli una nuova scalata alla Casa Bianca e si è spinto perfino a ipotizzare che ci possa essere Joe Biden dietro a tutto questo.
Martedì dovrebbe comparire in Tribunale per l’incriminazione formale, dopodiché dovrebbe essere rimesso in libertà su cauzione. Al momento non si sono verificate grosse reazioni alla notizia, ma si teme che nel giorno in cui comparirà in aula, possano verificarsi nuovi scontri, simili a quelli avvenuti in occasione dell’assalto di Capitol Hill.
Secondo le accuse Trump avrebbe pagato, ai tempi della sua prima candidatura, la pornostar Stormy Daniels per tacere sulla loro relazione, successiva la matrimonio con Melania. La notizia avrebbe ovviamente avuto un impatto negativo sulla sua campagna elettorale. Di per sé quanto fatto da Trump non è illegale, ma secondo l’accusa avrebbe pagato l’attrice hard in nero ed usando i fondi per la campagna elettorale.
La vicenda risale a 7 anni fa, un’eternità per la Giustizia Americana. In mezzo i quattro anni da Potus, presidente degli Stati Uniti, e la pandemia hanno dilatato i tempi di una vicenda che martedì potrebbe inaugurare un nuovo, drammatico, capitolo.
Mondo
Mostra foto del David agli studenti, preside costretta a dimettersi: «è pornografia»

La preside di un istituto californiano è stata costretta a rassegnare le dimissioni dopo le proteste dei genitori degli studenti, ai quali ha mostrato, durante una lezione di Storia dell’Arte, una foto del David di Michelangelo, giudicata «pornografia».
Ma non è che la “cancel culture” ci sta sfuggendo di mano? O forse stiamo solo impazzendo tutti. O almeno, è quello a cui si sarebbe portati a pensare valutando una storia che arriva dalla California, dove una preside di una scuola media è stata costretta a rassegnare le dimissioni per placare uno scandalo: ha mostrato foto pornografiche ai suoi studenti minorenni. Fino a qui sarebbe tutto comprensibili, anzi appare quasi fin troppo blanda la contromisura nei confronti della docente pervertita, se non fosse che la pornografia in questione era una foto del David di Michelangelo.
Il David è una delle opere più mirabili dello scibile umano, massima espressione della scultura e simbolo della perfezione dei canoni estetici. Ma il buon vecchio David ha una colpa: beffardo, mostra le pudenda.
E su questa sua ben visibile inclinazione all’esibizionismo, più che sulla squisitezza dei dettagli impressi nel marmo e nella storia, si sono soffermati i genitori degli alunni dell’istituto, che hanno chiesto, e ottenuto, le dimissioni della preside. Ma tra le opere di quello sporcaccione di Michelangelo, non c’è solo il David nel mirino dei genitori anti pornografia. Anche la Creazione di Adamo avrebbe suscitato malcontento, mentre la Venere di Botticelli ha generato scandalo.
Insomma, la California in questo episodio è apparsa veramente distante dal Rinascimento Fiorentino.
Mondo
L’Ungheria di Orbán: «noi non arresteremmo Putin»

L’ennesimo distinguo dell’Ungheria di Orbán rispetto alla linea dei Paesi Ue in tema di guerra in Ucraina, che ha dichiarato che non darebbe seguito all’arresto Putin disposto dalla corte internazionale, costituisce una frattura sul piano del diritto internazionale. L’Aia insiste: «Ungheria ha ratificato trattato, ha obbligo di cooperare».
In tema di sanzioni alla Russia, o quantomeno di condanne verso l’invasione d’Ucraina, l’Ungheria si è dimostrato il Paese più tiepido, tra i partner europei. Anche prima dell’inizio della “operazione speciale” spesso la linea di Budapest viaggiava parallelamente a quella di Bruxelles, senza incontrala mai. Ma la dichiarazione del capo di gabinetto di Orbán, Gergely Gulyás, rappresentano una vera e propria frattura sul piano internazionale. L’Ungheria infatti, in base a quanto dichiarato, non darebbe seguito al mandato d’arresto nei confronti di Putin spiccato dal Tribunale Internazionale, qualora il presidente russo mettesse piede in terra ungherese.
Al di là della divergenza di opinioni, questa posizione rappresenterebbe una trasgressione ai doveri a cui sarebbe sottoposta l’Ungheria, che ha ratificato l’ingresso nella Corte Penale internazionale. E’ sempre Gulyás a spiegare che il trattato però non vincolante per Budapest dal momento che «non è stato ancora promulgato poiché contrario alla Costituzione».
Una tesi però smentita da una fonte interna al Tribunale de l’Aia, citata da Ansa, secondo la quale: «ha ratificato il trattato nel 2001 e ha l’obbligo di cooperare con la Corte nel quadro dello Statuto di Roma».
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